Scuole elementari senza rigide divisioni in classi (I).
Montessori in Italia.
Scuole elementari senza rigide divisioni in classi (I).
È possibile organizzare scuole elementari con le età mescolate come avviene nelle Case dei Bambini? Questa esperienza, fortemente caldeggiata da Maria Montessori, comunissima in alcune grandi scuole del Nord Europa e nella generalità delle scuole Montessori americane, da noi è diventato fenomeno raro. Vogliamo qui presentare due esempi italiani che invece l'hanno realizzata: una scuola privata a Milano e - nel prossimo numero - una scuola pubblica a Roma, a dimostrazione di come le situazioni educative in cui i bambini possono circolare liberamente realizzano esperienze di rara qualità culturale e sociale, a tutto vantaggio della crescita dei singoli.
La Scuola di via Bartolini a Milano
Vicina a strade di grande scorrimento e prossima a un cavalcavia, non lontano dalla zona Fiera, ecco un esempio di coraggioso compromesso urbano per una scuola Montessori. Ovvero I'adattamento di un ambiente educativo, che per sua impostazione richiederebbe spazi aperti, accesso diretto a un ambiente naturale e che invece si svolge su tre piani di un edificio, in un rione densamente popolato, dove intravedere un albero è già una fortuna. Certo c’è un cortile con un po' di verde dove si può andare a giocare, ma non molto di più; sta allora all'intelligenza e alla sensibilità delle persone che vi abitano trasformare il tutto in un ambiente di vita, ricco di stimoli, di proposte.
Nella Scuola di via Bartolini 46 così è in effetti: qui passano - o vivono per molte ore - genitori, bambini, maestre, personale di appoggio con un senso di apertura e di buon umore dei più accoglienti. Ovviamente molto dipende dalla direttrice e creatrice della scuola, Rosa Dipierro: vivace, volitiva, piena di iniziative e di calore.
Energica e profondamente onesta, appassionata al lavoro Montessori, aveva insegnato alcuni anni in un’altra scuola dove aveva proposto la stessa impostazione educativa, accolta con disponibilità dalla direttrice Giovanna Pradella. Si trattava allora di un grazioso villino al numero 49 di viale Monte Rosa. Sua collega era Costanza Buttafava, attuale direttrice della scuola Montessori di Como. Quando nell'88-89 tale sede venne chiusa, Rosa la rilevò, trasferendola nell'attuale edificio, contiguo a un oratorio parrocchiale.
Gli ambienti sono ampi e alti i soffitti. Oggi la Casa dei Bambini - che è al primo piano – ha una quarantina di frequentanti, mentre al secondo le Elementari ospitano circa sessanta bambini. Entrambe le sezioni svolgono un notevole lavoro educativo che ha fra l'altro non poche valenze terapeutiche, pensando ai bambini con difficoltà ospitati in mezzo agli altri senza speciali maestre di sostegno, ma soprattutto quelli che approdano qui a sei, sette anni, umiliati da esperienze precedenti in scuole - pubbliche o private, anche di lusso - dove si sono sentiti trattare da incapaci, da cretini e che qui rinascono (ma ci vuole un po' di tempo) in quanto si sentono ascoltati, rispettati scoprendo il gusto di scegliere e di studiare.
La violenza istituzionale che altrove viene contrabbandata per necessario "modo di educare e di insegnare" qui non c'è. In questo spazio di grande tolleranza reciproca e di ascolto affettuoso, ciascuno è accettato per ciò che è, per ciò che può dare. È per questo che vi si trova, alla pari con gli altri, il bambino autistico o il sordo che nella fatica di comunicare diventa iperattivo, l'inquieto o il depresso che lentamente scoprono o ritrovano il piacere di agire da protagonisti, scoraggiato da precedenti esperienze scolastiche.
Ovviamente sono eccezioni nel gruppo anche se in genere tutti i bambini di città risentono della vita stressante e velocizzata che gli adulti fanno loro condurre. Qui però tutto sembra decantarsi: la cultura, il sapere li conquistano perché proposti in forme loro accessibili, affascinanti, che possono liberamente scegliere e portare avanti secondo ritmi personali.
Osservo i bambini: sono tutti attivi e tranquilli. Un formicaio al lavoro: si spostano qua e là, ma non a caso. Si vede benissimo la realtà d’una scuola dove ci sono tante opportunità, ma i cui confini, con regole di comportamento reciproco, sono stati assimilati senza sforzo.
AI primo piano lo spazio dei bambini dai 2 anni e mezzo ai 6 è formato da più ambienti comunicanti tra loro ed è affidato alle cure di tre educatrici: Tiziana D'Addetta, Marzia Lopez e Clizia Gambini.
Oltre i materiali sensoriali e le numerose attività di tipo grafico-espressivo, sono messe in particolare valore le attività di vita pratica: lavare in molti modi, pulire con strumenti diversi, curare l'ambiente e le persone. Non mancano in numerose varianti le attività di travaso e di infilo che tanto appassionano i più piccoli.
AI secondo piano le tre aule luminose e piuttosto grandi che si aprono su un ampio corridoio, formano in realtà con questo un unico grande ambiente.
La prima stanza ha in esposizione i materiali più semplici, la seconda è una sorta di laboratorio scientifico con i materiali avanzati di matematica e di biologia. La terza è l'aula linguistica dove si svolgono a giorni alterni anche attività di inglese con Anna Cardetta o di pittura, guidate da Jolande Guillet. Nel fondo del corridoio si apre una quarta aula ancora più grande, dedicata nelle ore di scuola alla musica e alle attività motorie; in ore pomeridiane e serali alle riunioni con i genitori e alle conferenze. Dunque la prima aula si direbbe per il primo ciclo, le seguenti per il secondo, ma ci sono tavoli, libri e materiali anche nel corridoio, aperto ad entrambi i gruppi secondo necessità e interessi. "Un bel giorno ho deciso di togliere le porte delle tre stanze ed è cominciata per tutti una nuova vita", racconta Rosa Dipierro. Così grandi e piccoli si mescolano, si ascoltano reciprocamente: nessuno viene rinviato altrove dicendogli "questa non è la tua classe" o "vai dalla tua maestra".
Si constata quella circolazione vitale, così fortemente auspicata da Maria Montessori, ma che purtroppo in tante altre scuole elementari che si fregiano di questo nome è del tutto disattesa, tanto da riproporre la rigida divisione in classi per età, che riduce le ansie dei genitori (e quelle dei maestri!) ma fa aumentare il dominio degli adulti, esattamente come nella scuola tradizionale, pubblica o privata che sia.
"Il termine pluriclasse non mi piace, commenta Rosa Dipierro, è un termine sciupato, sa di ripiego, di scuola povera, rimediata. No, per noi è un preciso orientamento metodologico: consentire ai bambini una scelta più ampia secondo molle profonde: il bambino che ha in qualche campo una difficoltà, una incertezza, può sentirsi a proprio agio per il fatto di poter tornare ad approfondire con materiali più semplici nella classe dei più piccoli; un altro può aver piacere di aiutare un amico più giovane di lui. Allo stesso modo vale la pena di consentire a uno di sei o sette anni, incuriosito dalle attività dei più grandi, di andare in mezzo a loro e mettersi a lavorare con materiali più complessi.”
È esattamente quello che mi accade di osservare: un bambino di sei anni, gironzolando, ha scoperto che alcuni compagni di otto-nove anni nella classe accanto sono alle prese con le moltiplicazioni (del tipo 723 x 3 e simili). "Voglio farlo anch'io, ma non so come si fa", dice. Rosa sa come rispondere ai desideri, alle curiosità dei bambini. Con la scatola dei bastoncini colorati gli presenta il bastoncino di 5 preso 3 volte o quello di 7 preso 4 volte: formare i "rettangoli", contare ... È qualcosa che egli già conosce: niente di meglio della concretezza, dell'esperienza sensoriale per ricordare riportare alla coscienza, per arrivare in modo autonomo alle astrazioni. Dopo dieci minuti di questo "ripasso", li vedo affrontare insieme il 723x3 con il materiale del Sistema Decimale e relativi cambi. Attento, affascinato, ora esegue un’altra moltiplicazione da solo. Alla fine, soddisfatto, dice. “Adesso torno nella mia classe”.
Il lavoro con i bambini dai sei agli otto anni è svolto da Sara Ceccherini con la messicana Janette Ramirez a mezzo tempo, proveniente dal CISM di Bergamo e con Barbara Caron come aiutante. Con i più grandi ci sono Ivana Gonzio per la parte linguistica e Rosa per matematica e scienze.
“Tutto quello che so, mi racconta, lo devo al corso AMI di Bergamo, anno 1973-74, alla formazione rigorosa ricevuta allora da Camillo Grazzini, ma anche da Eleonora Honneger Caprotti, all’epoca direttrice della locale scuola Montessori: di pomeriggio al corso svolgeva brillanti, appassionanti lezioni sull’educazione cosmica e la mattina era sempre in mezzo ai bambini a fare presentazioni e attività, con gli studenti intorno alle pareti che osservavano. Non le ho più dimenticate. Certo, poi ci ho messo tanto di mio, ho arricchito, ho studiato, ma la strada è quella, decisamente fantastica per rispondere agli interessi dei ragazzini di questa età ".
Ne vedo alcuni tra i sei e i sette anni alle prese con una grande tavola su cui devono disporre figure di animali. La disposizione non è casuale: con le “storielline" devono "indovinare'" di quale animale si tratti e mettere la figura corrispondente al posto esatto in base alle sue caratteristiche. Uno esegue semplici operazioni con i “francobolli” ("Oggi ne voglio fare tante", dice ridendo a un compagno vicino). Una bambina accanto è alle prese con i decimali, mentre altre due stanno svolgendo un lavoro di geometria – il materiale per il calcolo delle aree – misurando e scrivendo. A un altro tavolo un gruppetto sta discutendo con il globo e alcuni libri. Mi avvicino: è una questione di meridiani e di paralleli. Non ci sono confini di classe, ma solo perimetri immaginari, segnati da interessi fiammeggianti, da curiosità, da temi che è entusiasmante approfondire: è il bel clima proprio di una scuola Montessori in cui non emerge la parola dell’adulto, ma l'intreccio del lavoro dei bambini. Qui le maestre si mettono a loro disposizione per aiutare dove è richiesto, per rispondere, mai per pungolare, giudicare, reprimere.
"Certi arrivano spenti, smortini e in principio girellano come vuoti; nessuno li insegue o li obbliga, guardano finché vogliono, seguono qualche presentazione, poi a poco a poco li vedo rinascere, dice ancora Rosa, la libertà sana paga sempre".
I bambini appaiono infatti molto liberi, ma tutti intensamente impegnati e anche le situazioni di gruppo sono tranquille e operose: nessuno sembra accorgersi di me in visita. Alle 10 arrivano i vassoi con la frutta per la merenda. Vengono messi nel corridoio. Chi vuole, quando lo desidera, va a mangiare e lo fa in modo responsabile e discreto. In un angolo vedo il computer e chiedo che uso se ne faccia. Non viene molto usato perché i materiali sono molto più affascinanti: alcuni lo adoperano come video scrittura, altri lo usano con certi CD Rom cui attingono per cercare notizie su eventi o su personaggi storici. In genere sono aiutati a consultare molti libri, il cui uso è sempre preferibile: lo strumento elettronico si aggiunge alla ricerca, non la sostituisce. "Rosa – chiama un bambino – dimmi del "re dei re”!". Mi avvicino per conoscere il personaggio in questione: è l'angolo retto, il misuratore per eccellenza, quello che permette di individuare angoli più grandi o più piccoli e che facilita la lettura dei gradi e quella delle ore. Non è disegnato sbrigativamente: è proprio un oggetto che concretamente permette le constatazioni. Altri due bambini si sono avvicinati. Dopo qualche minuto di rinforzo da parte della maestra, il gruppetto riparte nelle misurazioni. L'intrecciarsi delle attività, pur senza dispersioni, permette alle menti di essere sempre attive e curiose…
Le maestre sono onnipresenti, ma poco visibili: le loro voci non si sentono, non sommergono quelle dei bambini.
AI buon equilibrio di questa scuola concorrono in larga misura Ia cuoca Titti, le assistenti Lucia e Teresa, l'ottimo Giorgio, prezioso per mantenere gli spazi in ordine e riparare alle inevitabili usure, l'instancabile Landina che da molti anni segue il post-scuola dalle 16 alle 18 e non ultima la nuova giovane segretaria Elisa. Ogni anno i bambini dalla 2° alla 5° vanno in gita per almeno tre giorni con le loro insegnanti, mentre i piccoli dei sei anni e quelli della Casa dei Bambini fanno una gita di un solo giorno sulla base di progetti che anno per anno Rosa presenta ai genitori. Se per i piccoli ci si limita a visitare una fattoria o a trascorrere la giornata in un luogo di agriturismo o altro ambiente naturale adatto, i "grandi" girano di anno in anno per l’Italia. Alcuni esempi: Venezia, città della Toscana, San Marino, Val Camonica. "E sono bravissimi in albergo, tranquilli, educati, suscitano sempre l’ammirazione di chi ci ospita. Ma è ovvio: sono così interessati che non hanno bisogno di fare follie. Perché le maestre li preparano a ciò che andranno a vedere. Non vanno alla cieca e questo accende il loro piacere di vedere cose nuove", conclude Rosa.
Altre iniziative: la vendita dei libri a Natale in un'aula allestita per più giorni come una libreria; visitata prima dai bambini che guardano e scelgono, poi all'uscita da loro con i genitori per l'eventuale acquisto, è un'iniziativa che in un certo modo guida anche le famiglie circa i doni natalizi.
Altri momenti istituzionali sono a Natale, a Carnevale e a fine anno le feste per le quali si affitta il vicino teatro dell'oratorio, si preparano in classe i costumi, si cantano per i genitori le melodie apprese nelle ore di musica con il maestro Pietro Venezia.
La Scuola è aperta dieci mesi dai primi di settembre alla fine di giugno ed è sempre strabiliante vedere gli allievi di quinta elementare, una volta conclusi gli esami, fermarsi a scuola fino alla fine, dedicandosi ai più piccoli e al controllo del materiale prima di metterlo via per l’anno successivo. Rimane aperta anche in luglio a richiesta dei genitori che ne hanno bisogno, sempre con lo stesso personale.
I risultati che questi ragazzi ottengono negli anni successivi – alle medie inferiori e superiori – sono molto buoni, racconta Rosa. Come bambini “montessoriani” hanno acquisito dall’età dei tre anni fino agli undici, in tanti modi diversi, il piacere di fare nel rispetto delle regole, proseguono i loro studi con altri gruppi, senza traumi né perdere di vista l’obiettivo della crescita individuale. La testimonianza mi viene data continuamente dai miei antichi allievi, che, ormai laureati, tornano a raccontarci il loro percorso formativo, a dirci: “Non dimenticherò mai gli anni trascorsi in questa scuola!..”. per me è una grande gioia che mi dà la carica a continuare, migliorando sempre il nostro lavoro e il quotidiano dei bambini che anno per anno crescono sotto i nostri occhi”.
Ci sono due conferme molto interessanti a una tale qualità educativa. La prima: la partecipazione e la stima dei genitori sono grandi. Avvertono il cambiamento e la felicità dei loro bambini. Personalmente l'ho constatato in occasione del pomeriggio, in ricordo di Maria Montessori "sempre nuova, ancora tutta da scoprire”: organizzato a Milano il 13 maggio 2002 dal nostro Quaderno, con relazioni di Camillo Grazzini, Raniero Regni e mia: di sicuro non si sarebbe realizzato così bene e rapidamente senza la disponibilità di Rosa Dipierro, delle maestre e di molti genitori della Scuola cha hanno aiutato in vari modi, a partire dalla bellissima sala, messa sollecitamente a disposizione, tramite un papà, dalla Fondazione Cariplo. L' altra conferma viene dal fatto che ogni anno il CISM, il Centro Internazionale Studi Montessori di Bergamo già ricordato, invia a questa scuola gli studenti, in gran parte stranieri, del corso annuale per un tirocinio osservativo di quindici giorni l'anno dalle 9 alle 16. “È vero – mi dice Rosa nel salutarmi - i risultati non mancano, insieme alla stima di chi ci conosce, certo dovuti al fervore con cui è realizzato il progetto Montessori, ma grazie anche alla professionalità del gruppo docente e alla disponibilità del personale d’appoggio. Fra noi esiste una grande collaborazione al fine di garantire l’autonomia e la serena crescita individuale dei bambini. Questo è l’impegno che in modi diversi tutti sentono!".
GHF
Grazia Hoenegger Fresco.
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