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Il Neonato.

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L'IDEA MONTESSORI.                                       

IL NEONATO

 

«E si udì sulla terra una voce

tremante, che non si era mai

udita, uscente da una bocca che

non aveva vibrato giammai».

 

Mi raccontarono di un uomo vissuto nell’oscurità più profonda; i suoi occhi non avevano visto mai nessun più lieve chiarore, come in fondo a un abisso.                                                                                                     

Mi dissero di un uomo vissuto nel silenzio: non un rumore, neppure impercettibile, era mai giunto al suo orecchio...

Sentii parlare di un uomo che era vissuto realmente sempre sommerso nell’acqua: un’acqua di strano tepore: e che d’un tratto spuntò fuori tra i ghiacci.

E spiegò dei polmoni che mai avevano respirato... (sarebbero lievi le fatiche e i supplizi di Tantalo a tal confronto... ma vinse!). L’aria distese d’un tratto solo i suoi polmoni ripiegati sin dall’origine e allora l’uomo gridò!

E si udì sulla terra una voce tremante che non si era mai udita: uscente da una gola che non aveva vibrato giammai.

***

Egli era l’uomo che aveva riposato.

Sapresti tu immaginare che sia il riposo assoluto?

Il riposo di chi non fa neppure la fatica di mangiare perché altri mangia per lui: e sta nell’abbandono di tutte le sue fibre, perché altri tessuti viventi fabbricano il calore necessario alla sua vita; e nemmeno i suoi tessuti intimi lavorano a difendersi dai veleni e dai bacilli, perché altri tessuti lavorano per lui; e l’ossigeno gli è donato senza respiro, per privilegio unico tra i viventi.

Suo solo lavoro è quello del suo cuore, che batté prima che egli fosse: sì mentre ancora egli non esisteva, pulsava però il cuor suo, doppiamente di come pulsa ogni altro cuore.

E se chiedi chi sia, e come si origini, saprai che è un cuore di uomo.

Ed ora... è lui che si avanza; e prende sopra di sé tutti i lavori: ferito dalla luce e dai suoni; affaticato fin nelle più intime fibrille del suo essere, emettendo il gran grido :

Perché mi hai abbandonato?

E quella è la prima volta che l’uomo riflette in sé il Cristo che muore e il Cristo che ascende.

***

Che cosa è la nostra civiltà?

È un progressivo aiuto a render facile l’adattamento dell’uomo al suo ambiente.

Se è così quali provvidenze ha elaborato la civiltà per aiutare il neonato, l’uomo che compie il supremo tra gli sforzi di adattamento quando passa, con la nascita, da una vita ad un’altra? Lo schok della nascita dovrebbe richiedere un trattamento scientifico del bambino neonato, perché in nessuna altra epoca della vita l’uomo incontra una simile occasione di lotta e di contrasto, e però di sofferenza.

Quelli che gratuitamente affermano la insensibilità dell’infante e la sua incoscienza delle sofferenze, non includono nella loro mentalità tutte le cure che sono prodigate a, persone adulte sofferenti o in pericolo di vita, che sono cadute in una incoscienza passeggera. È il bisogno di soccorso, e non la coscienza di questo bisogno che richiama, rispetto a ogni altra età della vita umana, l’acuta attenzione della scienza e del sentimento. L’aiuto al neonato dovrebbe essere la parte più evidente e sentita della nostra civiltà.

Invece si trova una lacuna nella prima pagina della vita — pagina bianca — dove nessuno scrutò i bisogni dell’uomo. E pure diveniamo ogni giorno più consci della verità, illustrata da molte esperienze, che i disagi della prima età (e anche dell’epoca prenatale) influiscono su tutta la vita dell’uomo. La vita embrionale e la vita infantile racchiudono (è riconosciuto da tutti oggi) la salute dell’uomo adulto, della razza. Come dunque non viene considerata la «nascita» il momento tra tutti il più difficile da superare nella vita?

Quasi nemmeno si riflette che nella nascita non c’è solo, la madre, che attraversa una crisi difficile, ma anche il neonato.

Il suo dramma, è il grande distacco della madre, che fece tutto per lui, lasciandolo a un tratto a compiere da sé stesso le funzioni della vita.

Era cresciuto in luogo riparato da ogni urto, da ogni oscillazione di temperatura, nel liquido morbido e informe creato apposta pel suo riposo; dove non lo raggiunse mai il minimo barlume di luce, né il più lieve rumore. E cambia il suo ambiente liquido per venire all’aria, così di un tratto: senza le successive trasformazioni del girino che diventa una rana. Viene nell’ambiente dell’uomo adulto, coi suoi occhi delicati che non videro mai luce, con le sue orecchie fino allora rispettate dal silenzio.

Il corpo che non subì mai urti, è ora esposto ai contatti brutali delle cose solide e spalleggiato dalle mani senz'anima dell’uomo adulto dimentico della venerabile sua delicatezza.

Veramente non è solo questo contrasto tra i due diversi ambienti di vita, ch'egli porta in sé, come sofferenza. Egli, che aveva sempre riposato, sopporta or ora l’affaticante lavoro di nascere per forza propria, il suo corpo fu compresso come se un adulto si trovasse in una macina fatale che lo stringe e sposta perfino le sue ossa.

Arriva a noi spossato dal tremendo contrasto fra l’assoluto riposo e l’inconcepibile sforzo di nascere. E° come un pellegrino che giunge da remote lontananze, esausto e ferito.

Che facciamo noi per riceverlo e per soccorrerlo in tanta necessità?

Tutti sono preoccupati solo della madre.

È uno sguardo superficiale quello che il medico rivolge al neonato, per constatare che è sano e vitale; come dicendo: « sei vivo,, lotta dunque da solo ». I parenti invece gli rivolgono uno sguardo tenero e commosso, nella pienezza di una felicità irreprimibile; e gli danno il benvenuto dell’egoismo che gode pel dono avuto dalla natura: «il bel bambino!, il figlio! ».

Tutti quelli che lo aspettavano sono impazienti di godere di lui, di ammirarlo e di toccarlo. Il padre vorrà vedere il colore degli occhi, cercando che la nuova creatura sollevi le palpebre, e, impaziente, scruta e ride di gioia riconoscendo il colore di quelle pupille, che un giorno lo vedranno e lo riconosceranno.

Ma l’uomo sofferente, la prima immagine del Cristo puro e incompreso, nessuno lo vede nel bambino appena nato.

Si dice: la natura è così, essa è la provvida salvatrice; e d’altronde ogni essere umano deve passare a traverso la medesima prova.

Ma nell’uomo la civiltà ha formato una seconda natura; e questa sopraffece quella, non permettendole di agire liberamente, come per gli altri esseri vivi.

Negli animali superiori la madre nasconde i suoi piccoli e li sottrae alla luce per molto tempo; li copre col suo corpo morbido, vivente e caldo; ne è gelosa, non li lascia avvicinare da nessuno, non permette che i suoi nati si rimuovano e si ammirino.

Verso l’uomo neonato non c’è dunque soltanto una lacuna nella civiltà, ma anche una lacuna nella natura. Né l’una né l’altra provvedono a raddolcire l’adattamento del più nobile e delicato tra i viventi.

***

All’uomo adulto si potrebbe dire a maggior ragione: «Sei vivo e sano; lotta da solo; secondo natura puoi ben resistere nudo e indifeso tra le selve». Perché dunque si è costruito tanti ripari con vesti, case e oggetti riscaldanti? Anche la morte è cosa naturale e fatale, a traverso la cui amarezza ogni essere vivente è costretto a passare. Perché dunque si cercano tanti mezzi per raddolcire il gran momento e alleviare ogni sintomo doloroso, benché tutto ciò non valga a vincere la morte?

L’uomo ferito, l’uomo che ebbe delle ossa spezzate, guarirebbe naturalmente per le forze riparatrici della vita; perché dunque si circonda di tanti aiuti artificiali?

Solo per il neonato la civiltà di tanto benessere, giace e si oscura.

***

Uno studio minuzioso di cura al neonato, per soccorrerlo nel suo difficile adattamento all’ambiente, non è, come dovrebbe, il primo capitolo della scienza della vita. Anzi è il capitolo della vita civile, che non si è ancora iniziato. Abitudini familiari primitive, che non sono neppure provvide come quelle stabilite dalla natura, occupano da sole il vuoto lasciato dalla civiltà.

Il neonato si spalleggia, e si trasporta da un luogo all’altro con mosse rapide, che sono violente rispetto alle condizioni del bambino; la sua pelle delicata si stropiccia con gravi mani, e con drappi rozzi e inadeguati; e si riveste con delle stoffe dure. E° già raro che si pensi a riscaldare i vestiti. In genere una culla con un piccolo materasso sembra costituire tutto il necessario per il bambino che nasce.

Mai però si dimentica di coprire il materasso con un impermeabile, affinché l’oggetto non si sciupi ed il suggerimento viene da l’economia familiare.

Il materasso e non il bambino è oggetto di questa previdenza. L’inconscia idea che il piccolino non porti rovina agli oggetti o noia agli adulti già si affaccia e si erige e accompagnerà oramai per sempre la vita del bambino.

MARIA MONTESSORI

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